Polanski e l'esperienza nel ghetto di Cracovia
Il ricordo del famoso regista nel ghetto ebraico di Cracovia
Chi è Roman Polanski?
Roman Polanski, nato il 18 agosto 1933 a Parigi, è un regista, sceneggiatore e attore polacco-francese. La sua vita è stata segnata da tragedie personali e da una carriera artistica di successo.
Polanski ha vissuto un'infanzia difficile durante l'occupazione nazista della Polonia. Sua madre fu deportata e trovò la morte ad Auschwitz, il padre riuscì invece a sopravvivere al campo di concentramento di Mauthausen, infine egli stesso sfuggì alla cattura, nascondendosi presso una famiglia cattolica e cambiando identità.
Dopo la guerra, Polanski studiò cinema a Cracovia e iniziò la sua carriera come regista, ottenendo presto riconoscimenti per il suo talento innovativo. Ricordiamo alcuni tra i più noti film diretti dal regista: "Il coltello nell'acqua" (1962), "Rosemary's Baby" (1968), "Chinatown" (1974), "Tess" (1979) e "Il pianista" (2002).
Il ghetto di Cracovia
Il ghetto di Cracovia fu istituito dai nazisti durante l'occupazione della Polonia durante la Seconda Guerra Mondiale. Fu uno dei numerosi ghetti ebraici creati in Europa orientale dai nazisti per confinare e isolare gli ebrei prima della loro deportazione nei campi di concentramento e sterminio. Il ghetto fu istituito nel marzo del 1941 e si estendeva principalmente nei quartieri di Podgórze, una zona precedentemente abitata da una significativa comunità ebraica. La popolazione del ghetto di Cracovia raggiunse circa 15.000-20.000 persone. Le condizioni all'interno del ghetto erano estremamente precarie, con sovraffollamento, fame, malattie e oppressione costante da parte delle autorità naziste.
Gli abitanti del ghetto erano soggetti a deportazioni periodiche verso campi di concentramento e lavoro forzato. Il ghetto di Cracovia fu liquidato definitivamente nell'estate del 1943, quando gli ultimi residenti ebrei furono deportati verso i campi di concentramento. Quel che rimane del ghetto al giorno d'oggi sono pochissime strutture ed un paio di segmenti di muro, lasciati come simbolo dopo lo smantellamento.
L'esperienza del regista all'interno del ghetto
A causa del crescente antisemitismo in Francia, Polanski e la sua famiglia nel 1936 decisero di trasferirsi a Cracovia, in Polonia, città d'origine del padre. In seguito all'invasione nazista tutto il nucleo familiare fu internato all'interno del ghetto. I due genitori ebbero una destinazione più triste, mentre il giovane Polanski riuscì a salvarsi presso diverse famiglie cattoliche, cambiando spesso luogo ed identità per evitare di essere scoperto. Polanski stesso in una sua lettera all'età di soli 8 anni scrisse: "all'improvviso mi sono reso conto che saremmo stati murati dentro. Mi sono spaventato così tanto che alla fine sono scoppiato a piangere".
In un'altra lettera invece cita testuali parole: "durante i suoi primi mesi, nonostante occasionali periodi di terrore, il ghetto era una specie di città nella città, dove la gente si occupava dei propri affari, flirtava, si sposava, intratteneva i propri ospiti..."
Ad eccezione di un primo periodo, come afferma lo stesso regista, il ghetto si trasformò in poco tempo in un vero e proprio inferno: chi non era in possesso di una speciale autorizzazione tedesca non aveva il permesso di uscire dal ghetto. Le epidemie virali decimavano gli abitanti a causa della scarsità di medicinali, si litigava anche per un pezzo di pane, dato che le razioni giornaliere erano gestite dai nazisti. Altro particolare interessante quanto inquietante era la forma delle mura del ghetto che richiamavano proprio le lapidi ebraiche: obbiettivo dei tedeschi infatti era far costruire agli ebrei stessi le mura di quello che sarebbe stato il loro stesso cimitero.
L'esperienza di Roman Polanski nel ghetto e durante l'Olocausto ha avuto un'influenza significativa sulla registrazione del film "Il Pianista". Polanski, essendo egli stesso un sopravvissuto all'Olocausto, ha potuto portare una prospettiva unica e autentica alla storia di Władysław Szpilman, contribuendo a rendere la narrazione più autentica e toccante. Polanski ha lavorato per catturare la drammaticità e la brutalità degli eventi dell'Olocausto, così come la lotta per la sopravvivenza e la resilienza umana.
Inoltre, Polanski ha affermato che dirigere "Il Pianista" è stato per lui un processo emotivamente intenso e personale, poiché molte delle scene del film richiamavano i ricordi della sua stessa esperienza durante l'Olocausto. Questa connessione personale ha contribuito alla profondità emotiva e all'autenticità del film, rendendolo uno dei suoi lavori più potenti e commoventi.